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La scuola incontra il carcere


Nelle giornate di lunedì 10 e mercoledì 12 dicembre l’associazione di volontariato “Carcere e comunità” ha incontrato quattro classi 4^ del Liceo Le Filandiere, a conclusione di un percorso di approfondimento sulla funzione delle pene e della detenzione, proposto dalle insegnanti di religione cattolica, con i docenti di storia e filosofia delle classi coinvolte.

Dell’associazione erano presenti oltre al cappellano, don Piergiorgio Rigolo, alcuni volontari e due ex detenuti che attualmente vivono nella struttura Oasi 2 di Cordenons, coordinata dal prof. Mario Sartor.

I volontari si sono soffermati molto sul tema della legalità. Chi arriva a commettere un reato non ha avuto spesso accanto a sé adulti credibili come punti di riferimento in grado di aiutarlo a coltivare passioni sane e vitali. In carcere, non a caso, tanti scoprono passioni nuove: quella per la scrittura, per esempio, il gusto per inventare storie o di raccontare la propria, ma anche la passione per aiutare gli altri, mettersi a disposizione di chi ha bisogno.

Dalle risposte alle domande dei nostri studenti è emersa la realtà carceraria italiana segnata dal sovraffollamento e soprattutto dalla mancanza di prospettive una volta “fuori”. Se è vero che in alcune carceri (quali quello di Padova, Bologna, Milano per citarne alcuni) sono stati realizzati progetti che coinvolgono i detenuti in attività lavorative continuate, non è questo, purtroppo, il caso del carcere di Pordenone. Ciò contribuisce anche ad un aumento dei casi di recidiva che attualmente si attestano al di sopra del 70%.

Interessanti anche i diversi accenni al tema della cosiddetta “giustizia riconciliativa” che persegue il fine appunto di riconciliare, riparare, mediare, rimettere insieme quel che era stato spezzato, ricreando il tessuto sociale strappato dalla violazione. Cammino non certamente facile o scontato come l’esperienza di Lucia, la moglie di Gaetano Montanino, guardia giurata assassinata nel corso di una rapina, che ha deciso, dopo un lungo percorso, di incontrare il giovane omicida di appena 17 anni.

“Ma perché dovrei rispettare chi non ha avuto rispetto per gli altri?” ha chiesto una studentessa. Una domanda legittima che può avere una risposta solo se si riesce a separare il reato da chi lo ha commesso, senza confondere la persona con le sue azioni. Il rispetto va dato all’essere umano in quanto tale, a prescindere dalla brutalità dei suoi atti, perché è uomo, donna, persona.

L’incontro ha offerto numerosi spunti per continuare la riflessione, ha aperto lo sguardo su di una realtà umana di cui a volte ci dimentichiamo, che tendiamo ad ignorare, a tenere separata e distante, ma che c’è e ci interroga.

Nelle giornate di lunedì 10 e mercoledì 12 dicembre l’associazione di volontariato “Carcere e comunità” ha incontrato quattro classi 4^ del Liceo Le Filandiere, a conclusione di un percorso di approfondimento sulla funzione delle pene e della detenzione, proposto dalle insegnanti di religione cattolica, con i docenti di storia e filosofia delle classi coinvolte.

Dell’associazione erano presenti oltre al cappellano, don Piergiorgio Rigolo, alcuni volontari e due ex detenuti che attualmente vivono nella struttura Oasi 2 di Cordenons, coordinata dal prof. Mario Sartor.

I volontari si sono soffermati molto sul tema della legalità. Chi arriva a commettere un reato non ha avuto spesso accanto a sé adulti credibili come punti di riferimento in grado di aiutarlo a coltivare passioni sane e vitali. In carcere, non a caso, tanti scoprono passioni nuove: quella per la scrittura, per esempio, il gusto per inventare storie o di raccontare la propria, ma anche la passione per aiutare gli altri, mettersi a disposizione di chi ha bisogno.

Dalle risposte alle domande dei nostri studenti è emersa la realtà carceraria italiana segnata dal sovraffollamento e soprattutto dalla mancanza di prospettive una volta “fuori”. Se è vero che in alcune carceri (quali quello di Padova, Bologna, Milano per citarne alcuni) sono stati realizzati progetti che coinvolgono i detenuti in attività lavorative continuate, non è questo, purtroppo, il caso del carcere di Pordenone. Ciò contribuisce anche ad un aumento dei casi di recidiva che attualmente si attestano al di sopra del 70%.

Interessanti anche i diversi accenni al tema della cosiddetta “giustizia riconciliativa” che persegue il fine appunto di riconciliare, riparare, mediare, rimettere insieme quel che era stato spezzato, ricreando il tessuto sociale strappato dalla violazione. Cammino non certamente facile o scontato come l’esperienza di Lucia, la moglie di Gaetano Montanino, guardia giurata assassinata nel corso di una rapina, che ha deciso, dopo un lungo percorso, di incontrare il giovane omicida di appena 17 anni.

“Ma perché dovrei rispettare chi non ha avuto rispetto per gli altri?” ha chiesto una studentessa. Una domanda legittima che può avere una risposta solo se si riesce a separare il reato da chi lo ha commesso, senza confondere la persona con le sue azioni. Il rispetto va dato all’essere umano in quanto tale, a prescindere dalla brutalità dei suoi atti, perché è uomo, donna, persona.

L’incontro ha offerto numerosi spunti per continuare la riflessione, ha aperto lo sguardo su di una realtà umana di cui a volte ci dimentichiamo, che tendiamo ad ignorare, a tenere separata e distante, ma che c’è e ci interroga.